mercoledì 30 novembre 2011

COMPLEANNO DI MARK TWAIN!

Postato da Anna C.
Oggi Mark Twain, lo scrittore del nostro famoso libro di narrativa, compie 176 anni!
Il giorno lo sapete, anche gli anni, facendo i calcoli, visto che l' abbiamo studiato sulla nota biografica del libro. Però, visto che in classe nessuno se lo è ricordato e, se non avete visto come GOOGLE l' ha messo nella sua prima pagina di ricerca con Tom Sawyer che fa fare la sua punizione di pitturare la staccionata ai suoi amici rifilandolelo con furbizia (capitolo 2 delle avventure di Tom Sawyer), ve lo ricordo io.
Auguri Mark!

martedì 29 novembre 2011

Berlino, città delle start-up

POSTATO dal prof d’italiano:

Avete già studiato la Germania e Berlino in geografia? In caso di risposta affermativa, ma anche negativa, leggete questo articolo apparso su la Repubblica il 21 novembre 2011; anche se è un po’ difficile, vi darà sicuramente l’idea concreta di che cosa è Berlino in questo momento: la città più vitale al mondo.


Noi, ragazzi della Silicon valley d' Europa
Di Andrea Tarquini
BERLINO - Siliconallee, come una Silicon valley europea: così questi ragazzi-prodigio imprevisti chiamano Berlino, loro terra promessa. Il latte macchiato del mattino sulla Friedrichstrasse è il momento in cui si scambiano idee su nuovi affari online. A casa-ufficio, in localetti da sottoscala o in "iPad cafés", sparsi tra Mitte e Kreuzberg multietnica, fino a Prenzlauerberg zona di tendenza di Berlino Est, lavorano in rete come manager coreani. La sera, in barba al freddo, si festeggia al ritmo della movida prussiana, tra disco, concerti rock, caves e cocktail bar, insieme ai giovani colleghi polacchi, russi, cèchi, magiari, venuti da tutto la Mitteleuropa, ma ormai anche da Londra e dagli States. Sono giovani, figli del dopo-Muro se tedeschi,o cresciuti dopo la caduta della Thatcher o di Reagan se approdano qui dal Regno Unito. E qui appunto hanno trovato la loro Silicon Valley. Berlino, fine 2011: la capitale della Germania unita è diventata prima location europea delle aziende startup. Vola persino più alto della splendida e creativa Londra capitale culturale del mondo, e nella tempesta perfetta della grande crisi dell' euro i ragazzi imprenditori in erba della rete offrono lavoro ai loro coetanei, li strappano alla povertà. È partito tutto tre o quattro anni fa. Oltre cento aziende, alcune muoiono ma tante altre ne nascono ogni giorno, in totale sono qualche centinaio. Migliaia di addetti, un fatturato ancora da calcolare. «Berlino è cruda e diretta, devi adattarti ma ti offre le chances giuste», dicono gli esperti di www.deutsche-startups.de, il sito-agenzia punta dell' iceberg di questa rinascita, sorseggiando un cappuccino a Prenzlauerberg, mentre fuori al freddo le giovani "mamme in carriera" della new economy berlinese passeggiano spingendo carrozzine per la pausa. L' avventura è cominciata nei sottoscala, o in microlocali-magazzino di sì e no dodici metri quadrati. A Kreuzberg multietnica, la Notting Hill berlinese, a Prenzlauerberg all' est zona dei dissidenti dietro il Muro e oggi quartiere di tendenza, a Friedrichshain adiacente, a Mitte. Tutte zone giovanili, tutte nuove chances per i giovani. Nel 2003, già un pesante anno di crisi per l' economia tedesca, e poi ancor più in mezzo alla bufera internazionale del 2008-2009. Addio al bar accogliente, andiamo a vederli uno a uno, gli eroi della Siliconallee. Poco lontano, lavora il pioniere: Kai Bolik, quasi a disagio perché iniziò nel 2003 e ora si sente quasi vecchio tra i più giovani. In un sottoscala, ha fondato Game Duel, una start-up che ti fornisce online videogames da scaricare e tutto il software necessario, prodotto qui a Berlino-Siliconallee. «Abbiamo cominciato nove anni fa, poco più che per scommessa, adesso diamo lavoro a più di cento dipendenti, e vendiamo in tutta Europa e oltre», raccontano i suoi. Sono ancora tutti eroi sconosciuti, i pionieri di Siliconallee, ma dai sottoscala berlinesi si fanno avanti veloci sui mercati globali. Forse i più geniali sono i due giovanotti che vado a incontrare fuori dai confini dell' ex città del Muro, in una zona industriale tra le foreste di conifere del Brandeburgo, l' antica Prussia. Michael Bruck e Franz Dude si concedono una rara sosta: ufficio e produzione sono in un unico grande nuovo capannone industriale, furgoncini e tir si avvicendano, corrono a ritirare e consegnare il prodotto. E di che parliamo? Non ci credereste, di cioccolata fatta su misura. «Perché no? Cioccolata su misura come un abito o l' arredamento della casa, viva il buon gusto», dicono entusiasti i giovani fondatori di Chocri, la start-up delle leccornie. L' idea è semplice, in fondo: si sono creati un sito, là ti colleghi e leggendo online apprendi quante migliaia di tipi di cioccolata puoi desiderare e avere, in tavolette o praline. Fondente o al latte, ma non solo: sapore di mandarino o mango, di zenzero o di pistacchio, e via libera alla vostra immaginazione. Sul formulario dell' ordinazione online scrivi quale cioccolata ti sei inventato e vuoi assaggiare, loro te la producono. Quanta ne vuoi, nella confezione che vuoi. Paghi online, il tempo di produrle e poi praline o tavolette ti arrivano in Dhl o con Deutsche Post a casa. «Cominciammo in un ex officina a Mitte, pochi metri quadrati, all' inizio producevamo là, poi il volo della domanda ci ha soffocato, abbiamo dovuto trasferirci. Ci serviva spazio per produrre e distribuire», raccontano Michael e Franz. È una realtà nuova, sveglia e smuove Berlino tutta, la Siliconallee. Oltre mille berlinesi - giovani appena usciti di scuola, ma anche operai delle industrie chiuse nella crisi - hanno lavoro e reddito grazie a Zalando, il global player berlinese della moda online. Oltre mille dipendenti, spazi pubblicitari in prime time su reti tv pubbliche e network privati, vendite in tutta Europa. Scarpe da far sognare signore e "girlies", moda casual o anche elegante, ottima qualità e design ma a prezzi bassi. Spot spiritosi in tv, anche questo è un segreto: mostrano il postino con la bicicletta gialla che risveglia l' entusiasmo per la moda portando i pacchi Zalando nelle comuni del Sessantotto o in campi di nudisti. Ma a Berlino-Siliconallee incontri idee a ogni angolo della nuova comunità virtuale. Come tra i ragazzi di UPcload. Lavorano quasi nascosti in una stanzetta che devi raggiungere con un vecchio ascensore scricchiolante, lascito arrugginito dell' Est sovietizzato. Lo prendi arrivando in un cortile interno semiabbandonato della Humboldt Universitaet, la grande università di Berlino Est a Unter den Linden, a un passo dalla statua equestre di Federico il Grande fondatore di Prussia, adornata di fiori per il suo anniversario. Asaf Moses e Sebastian Schulze si godono una corta pausa mangiando hummus, pollo alle spezie e insalata. I clienti cliccano senza sosta, ogni richiesta è diversa. Di che cosa? Di abiti su misura. Asaf e Sebastian si sono inventati un sistema per usare la webcam per prendere le misure a qualsiasi cliente, così che il cliente si lascia misurare come dal sarto ma a casa, e ordina online e low cost abiti su misura di ogni suo gusto. «Abbiamo sempre avuto l' obiettivo di essere bravi e precisi come un sarto», spiega Moses. Misure prese, stoffa e accessori scelti, l' ordine va online in Israele, là l' abito viene confezionato, e per posta aerea ti arriva in corsa. «Berlino non pensa al futuro, vive correndo il presente», afferma Schuyler Deymann che con alcuni colleghi ha fondato un sito chiamato appunto Siliconallee. «Metti insieme le grandi radici culturali della città, i bassi costi, i mutamenti a velocità fotonica degli ultimi 20 anni e la massa di giovani migranti qualificati, ed ecco la miscela del successo». Solo la burocrazia è sotto il tiro delle start-up berlinesi: potrebbe essere più veloce. Facile capirlo: la loro vita quotidiana di imprenditori online e di nuovi giovani della Berlino unita corre veloce come un motore di ricerca. «Alcuni colleghi di altre città tedesche, magari più ricche di Berlino, ma meno cosmopolite, provano a venire a Berlino per le start-up e poi non reggono il fiato - dicono divertiti i ragazzi di deutsche-startups - perché se vieni da Monaco, ricca ma snob e tranquilla, e sei un imprenditore giovane la movida berlinese ti fa perdere la testa. Troppe distrazioni per fare affari. Secondo loro...».


Con il termine startup si identifica l'operazione e il periodo durante il quale si avvia un'impresa. Si tratta di solito di imprese appena costituite, nelle quali vi sono ancora processi organizzativi in corso. Nello startup possono avvenire operazioni di acquisizione delle risorse tecniche correnti, di definizione delle gerarchie e dei metodi di produzione, di ricerca di personale, ma anche studi di mercato con i quali si cerca di definire le attività e gli indirizzi aziendali.
Lo startup può anche essere collegato ad una offerta pubblica di vendita, ovvero a quell'operazione con la quale un'impresa immette sul mercato titoli propri, come le azioni. Questa operazione può essere concomitante con lo startup, in quanto un'azienda può decidere di quotarsi alla borsa valori proprio per agevolare la raccolta di capitale per avviare i propri processi produttivi.
Le startup company, solitamente, presentano un alto rischio, ma anche una maggiore prospettiva di guadagno: infatti questo tipo di compagnie, in caso di successo, possono essere vantaggiose in quanto, essendo state appena avviate, utilizzano generalmente una limitata quantità di capitale, lavoro e terreni. (da Wikipedia)



Nella foto: Postdamer platz a Berlino
(un posto magnifico, che mi è piaciuto molto, quando l'ho visto l'anno scorso)

i segni zodiacali

POSTATO da Luca F :

Vorrei fare un indagine per capire qual'è il segno zodiacale che è più rappresentato nella classe
- Ariete
- Toro
- Gemelli
- Cancro 
- Leone
- Vergine
- Bilancia 
- Scorpione 
- Sagittario
- Capricorno
- Acquario
    

lunedì 28 novembre 2011

Congo: la foresta che rischia di sparire

POSTATO dal prof d’italiano:

Articolo pubblicato su la Repubblica il 21 novembre 2011


Congo
Quel cuore verde dell' Africa che rischia di sparire
Di Antonio Cianciullo
Le ferite della foresta si vedono solo dall'alto. Il Cessna a sei posti che decolla da Yaounde, la capitale del Camerun, impiega due ore e mezza per sorvolare il bacino del Congo fino alla riserva di Dzanga Sangha, 50 chilometri al di là del confine, nella Repubblica Centrafricana. Sulle mappe questo spazio è segnato in verde perché è considerato una massa di vegetazione compatta, una salda barriera tra le megalopoli in espansione e i deserti che avanzano. Ma le mappe mentono. Appena l' aereo raggiunge i 600-700 metri di quota, appaiono le lacerazioni che sfregiano il tessuto fitto degli alberi. Sono piccole strade dall'aria innocua, piste in terra battuta costruite per catturare qualche briciola di un tesoro naturale che appariva infinito. Anno dopo anno però si sono moltiplicate fino a formare una ragnatela. Ogni via ha generato grappoli di case e attorno alle case si sono allargate radure in cui la protezione umida offerta dal mantello verde ha ceduto il passo alla morsa arida del sole. Squarci che di tanto in tanto si dilatano: sono segherie che hanno rubato altro spazio chiedendo impianti di produzione elettrica, che a loro volta hanno bisogno di altre strade per far passare i camion, i materiali, gli operai. «Questi operai spesso si trasformano in disperati all'assalto della foresta», spiega Bryan Curran, un antropologo che lavora nella riserva di Dzanga Sangha. «Nel villaggio qui vicino, a Bayanga, ormai ci sono 4 mila persone: per l' 80 per cento vengono da fuori. Erano stati chiamati da una società che aveva deciso di aprire uno stabilimento di lavorazione del legno: nel 2005 ha chiuso e loro si sono trovati senza niente. Cosa pensa che abbiano fatto? Si sono procurati un'arma e hanno cominciato a cacciare di frodo». Una pila di questi fucili, strumenti artigianali confiscati ai bracconieri, si trova nel deposito delle eco guardie, 42 persone chiamate a sorvegliare 466 mila ettari di foresta. Il risultato di questa missione impossibile è evidenziato dall' enorme catasta di zanne sequestrate, una piccola parte dell'avorio diretto ai mercati clandestini. Con i prezzi attuali ogni chilo vale più di un anno di lavoro nei campi. Un'attrazione che diventa fatale quando ai disperati si aggiungono i trafficanti armati di kalashnikov. Mitragliatori contro machete perché in Camerun le guardie forestali sono disarmate. «Per prendere i bracconieri abbiamo un' unica possibilità: sorprenderli mentre riposano», racconta Anourou Ousman, che per 100 dollari al mese rischia la vita tutti i giorni. «Li seguiamo per ore senza farci vedere, finché si fermano. Appena hanno posato i mitragliatori abbiamo a disposizione una manciata di secondi: dobbiamo bloccarli prima che riescano a riprendere le armi. Non sempre va bene. Un mio amico è morto due mesi fa: lo hanno catturato e torturato». E i pericoli non sono legati solo al bracconaggio, ricorda David Hoyle, direttore del Wwf Camerun. Alla pressione dell'industria del legno si è aggiunta quella delle società che cercano ferro, oro, bauxite, diamanti, petrolio. Nel mondo la fame di materie prime aumenta e nella partita si è inserita la Cina con un crescendo impressionante di investimenti. Poi ci sono le coltivazioni di olio di palma: sono arrivate richieste per un milione di ettari, un milione di ettari di foresta da radere a zero. Assieme agli alberi rischia di scomparire la cultura dei bayaka, i pigmei che per secoli hanno vissuto usando le piante come dispensa e farmacia. Tra le centinaia di vegetali utilizzati dal popolo delle foreste ci sono il kokò, un'erba dal vago sapore di fagioli; le liane che contengono un'acqua simile a quella distillata; il bossò, una corteccia che si usa per curare le carie; il mokata, un viagra naturale. Per cancellare questa enorme ricchezza naturale basta poco: con qualche colpo di machete e mezz'ora di motosega si trasformano in parquet alberi secolari facendo salire il conto delle emissioni serra. La deforestazione è responsabile del 13 per cento dei gas che minacciano la stabilità climatica - precisa Riccardo Valentini, direttore del Dipartimento scienze forestali dell'università della Tuscia - e il bacino del Congo perde ogni anno 700 mila ettari di verde. «Per salvare questo patrimonio dell'umanità stiamo lanciando anche in Italia, con l'arrivo di Yolanda Kakabadtse, l'ex ministro dell' Ambiente dell' Ecuador che si è battuta per inserire nella costituzione la difesa della natura come misura del benessere, la campagna per la protezione del cuore verde dell'Africa», annuncia Isabella Pratesi, responsabile Wwf per la conservazione. «Il bacino del Congo è l'Amazzonia africana: con i suoi 2 milioni di chilometri quadrati, sette volte l'Italia, è la seconda foresta pluviale al mondo. Ospita 10 mila specie vegetali, 400 specie di mammiferi, 1.000 di uccelli, 1.300 di farfalle e specie simbolo come il gorilla, il leopardo, lo scimpanzé, l'elefante delle foreste. Non possiamo lasciarlo distruggere dai bracconieri e da chi vuole strappare alla terra le ultime gocce di petrolio».

Talento o impegno?

POSTATO dal prof d’italiano:

Articolo pubblicato su la Repubblica il 21 novembre 2011
Talento: Fuoriclasse per natura 'L' impegno non basta'
Di Angelo Aquario


NEW YORK - Addio sogni di gloria: Mozart si nasce e non si diventa. La notizia rischia di gettare nello sconforto legioni di genitori che spendono tempo (dei figli) e denaro (loro) nella speranza che il cucciolo o la cucciola possano un giorno emulare il genio: ma almeno renderà giustizia a quei poveretti costretti a sfiancarsi in ore e ore di lezioni. Uno scienziato ci aveva addirittura coniato una legge: la "regola delle 10mile ore". K. Anders Ericcson aveva scoperto che in una scuola di provetti violinisti i più bravi alla fine risultavano quelli che avevano collezionato più di 10mile ore di pratica. Quelli che avevano accumulato "solo" 8mila ore figuravano al secondo posto: mentre gli sfaticati fermi a quota 5mila erano condannati alla bravura - per carità ma senza eccellenza. Risultato: la pratica conta più del talento. Anche tu Einstein: basta volerlo. E invece no. Dicono adesso David Z. Hambrick ed Elizabeth J. Meinz che il talento conta: eccome. Un gruppo di superpianisti è stato invitato a leggere senza preparazione una serie di spartiti. La prima parte dell' esperimento sembrava dare ragione alla legge delle 10mila ore: quelli che avevano più pratica alle spalle facevano meglio degli altri. Ma nella seconda parte ecco la sorpresa. Ta i migliori ancora meglio ha fatto chi possedeva maggiore working memory capacity": cioè la capacità di collezionare e processare dati nello stesso tempo. I pianisti con più "memoria attiva" sono infatti capaci di leggere - anticipandole più note e più velocemente: sono insomma più bravi. I due psicologi sanno benissimo che adesso passeranno per dei guastafeste. Nel breve saggio pubblicato dal New York Times riconoscono che la teoria secondo cui il talento è un lento apprendistato è più gradita in una civiltà - come la nostra e soprattutto quella americana - intrisa di meritocrazia. La coppia addita anche un paio di bestseller che hanno contribuito a popolarizzare l' ipotesi. E cioè "Fuoriclasse. Storia naturale del successo" di quel Malcolm Gladwell firma del New Yorker". E poi "The Social Animal" del columnist proprio del New York Times David Brooks. Ma le librerie di mezzo mondo sono invase da anni da manuali che invitano a mettere da parte il vecchio Quoziente d' Intelligenza e concentrarsi nell' esercizio: come "La trappola del talento: da Mozart a Tiger Woods è il duro lavoro a fare di te un genio" in cui Colvin Geoff per la verità sul secondo esempio casca male. Non solo. In "The Talent Code" Daniel Coyle ci spiega che è tutto merito della "mielina" che fa girare i neuroni: e quindi una capacità innata visto che è prodotta da quella "materia bianca" di cui abbondava per esempio un certo Albert Einstein - che pure a scuola odiava la pratica. Mentre i filosofi ci spiegherebbero che la teoria del genio che si conquista è l' ultimo prodotto di quel pensiero che dal libero arbitrio di Agostino passando per la tabula rasa di John Locke arriva all' etica protestante in cui Max Weber individuò nel successo di sé lo spirito del capitalismo. E i biologi replicherebbero invece che la battaglia tra esercizio e talento è solo l'ultimo esempio del conflitto tra natura e cultura: geni si nasce o si diventa? Ecco, è proprio questa la domanda fondamentale: e non ci vuole un genio, né chissà che talento, per capire che purtroppo non ci riguarda.

sabato 26 novembre 2011

LA CALANDRA

POSTATO da Nicola Girolimetto:



Questa è la calandra, un animale che abbiamo incontrato nel libro di antologia, in una poesia di Giovanni Pascoli.

La Calandra è un uccello della famiglia degli Alaudidae.
La calandra ha 4 sottospecie:
  • Melanocorypha calandra calandra
  • Melanocorypha calandra hebraica
  • Melanocorypha calandra psammochroa
  • Melanocorypha calandra gaza
ASPETTI MORFOLOGICI
La calandra è un alaudidae dalla corporatura massiccia dalla lunghezza che oscilla tra i 17-20 cm.
Ha un becco massiccio e giallognolo e una caratteristica larga macchia nera ai lati del collo (quest' ultima variabile in dimensione e forma). Parti superiori grigio-brune striate di nero e parti inferiori chiare. La pagina inferiore delle ali è nera bordata di bianco.
DISTRIBUZIONE E HABITAT
La calandra è possibile osservarla in quasi tutta Europa, Asia, ed Africa del Nord: in Italia nidifica nel meridione, con prevalenza della Penisola salentina, Sicilia, e Sardegna. Il suoi habitat preferenziali sono gli spazi aperti, come pascoli, campi coltivati, e praterie.
VOCE
La calandra ha la straordinaria capacità di imitare innumerevoli versi, come del resto sanno fare diversi alaudidi. Solitamente canta elevandosi alta nel cielo e sfarfallando le ali.
CIBO E ALIMENTAZIONE
Si nutre in prevalenza di granaglie.
RIPRODUZIONE
Nidifica per terra come tutti gli alaudidi. I pulcini escono dal nido prima ancora di saper volare e necessitano delle cure dei genitori per anchora qualche giorno.


Stormo di calandre in migrazione

Un'altra immagine di una calandra

venerdì 25 novembre 2011

venite a vedere....

POSTATO da Buss Niko
Cari compagni di classe sono Buss e vi scrivo questo perchè domani (sabato 26\11\11)abbiamo una partita ,alla palestra olimpia alle 3.30,a cui non potete mancare quindi vi aspetto ciao!!!!!!!!!!!!1 XD

martedì 22 novembre 2011

Bambini e Internet

POSTATO dal prof d’italiano:

Due articoli interessanti su bambini e Internet, pubblicati da la Repubblica il 20 novembre 2011.
Bimbi su Internet, la svolta dei pediatri Anche a 7 anni se i genitori vigilano
Di Vera Schiavazzi


Dieci anni sono troppi per iniziare a usare Internet, meglio farlo a sette, seguendo l'esempio di Danimarca e Svezia: la presenza di un adulto resta indispensabile, ma l'accesso precoce al computer potrà evitare un ritardo, quello italiano, che rischia di diventare un vero e proprio svantaggio sul piano della conoscenza. L'invito arriva dagli Stati Generali della Pediatria italiana, dove ieri è stata presentata Eu kids Online, la più grande ricerca mai realizzata (25 paesi coinvolti e 25.000 ragazzi tra i 9 e i 16 anni intervistati, nel quadro del Safer Internet Programme dell'Unione Europea). E anche se usare il pc per due ore al giorno o più resta fortemente controindicato, la linea degli esperti è cambiata: non meno, ma meglio. «Nonostante dati che possono destare preoccupazione è giunto il momento di proporre un uso positivo della rete - spiega Alberto Ugazio, il presidente della Sip, la Società italiana di pediatria che ha promosso gli Stati Generali - La ricerca mostra anche come i ragazzini italiani utilizzino la rete come strumento di conoscenza meno dei loro coetanei (solo il 49 per cento dispone di un collegamento a scuola, contro una media europea del 63). E l'81 per cento dei genitori di chi ha visto o ricevuto immagini offensive ignora che il fatto sia avvenuto». Molti sono gli usi positivi: l'85 per cento degli intervistati italiani si serve della rete per le ricerche scolastiche, per giocare (83%), per comunicare con gli amici (62%), mentre il 57% ha almeno un profilo personale su un social network. Restano temibili i rischi di cyber-bullismo (il 6 per cento ha ricevuto messaggi offensivi), la pornografia (il 7 per cento dichiara di aver visto immagini a sfondo sessuale) e il sexting (il 15 per cento del campione ha ricevuto o inviato immagini a carattere sessuale). Come rimediare? I pediatri italiani hanno messo a punto un Manifesto, il primo che non si limita a suggerire divieti ma avanza proposte concrete di media education. Cominciando dagli strumenti: Banda Larga ovunque (oggi la copertura ha da poco superato il 21%, contro il 26 per cento della media europea), una Lim (lavagna interattiva multimediale) in ogni aula mentre oggi ne esiste soltanto una per scuola, l'aggiunta di e-book ai testi tradizionali. Ma, soprattutto, gli esperti della Sip (che ieri hanno ricevuto l'adesione di altri soggetti coinvolti nel rapporto tra rete e bambini, come gli agenti della Polizia Postale) ritengono che l'uso "precoce" della tecnologia consentirebbe di pensare al web come a uno degli strumenti indispensabili all'educazione. «La mediazione di un adulto, insegnante o genitore, resta indispensabile - sottolinea il presidente della Sip - ma occorre cominciare fin dalle prime classi elementari. Per farlo serve investire sulla formazione dei docenti, sapendo che quanto si impara a scuola si rifletterà sull'intera società, come nei progetti come "Nonni al computer", dove gli allievi delle scuole medie insegnano agli anziani». Ultimo tassello, le lezioni videoregistrate, per usarle a casa senza limiti di tempo.


Lo psichiatra Pietropolli Charmet: “I piccoli sono consapevoli, ma molte mamme no”
“L’amico sul web oggi diventa una ricchezza”

«Le proposte dei pediatri sono ottime. Ora bisogna fare un passo in più e ammettere che il web può essere uno strumento utile non solo per la scuola e lo studio, ma anche sul piano affettivo e relazionale». Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra e psicoterapeuta, uno dei massimi esperti italiani del rapporto tra rete, bambini e ragazzi, commenta così il “manifesto” lanciato ieri.
I dati confermano che molti adolescenti sono indifesi sul web. Non lo ritiene un pericolo?
«Ritengo gli incontri in rete molto meno rischiosi di quelli reali, che possono avvenire per strada, all’uscita da scuola e dal centro sportivo. La seduzione diretta, reale, può essere ben più coinvolgente di quella online. Soprattutto, penso che la migliore difesa sia la consapevolezza. Molti ragazzini ce l’hanno già e possono difendersi, molte mamme sono indietro e devono acquistarla».

POST SCRIPTUM:
Per quello che può valere la mia opinione, ho avuto modo di leggere altre cose di questo “massimo esperto” e, devo dire la verità, mi è sembrato parecchio banale e per di più anche molto presuntuoso. Prendiamo pure le sue parole per buone, ma lasciatemi coltivare qualche dubbio nei suoi confronti.
(Il prof)

lunedì 21 novembre 2011

"Hidden Heroes" a Londra

POSTATO dal prof d’italiano:

Un interessante articolo, apparso su la Repubblica il 15 novembre 2011, dedicato a una mostra al Museo delle Scienze di Londra sui piccoli capolavori di design.



DALLA ZIP AL POST-IT
LA RIVOLUZIONE DELLE PICCOLE COSE
di Irene Maria Scalise

Nati come umili oggetti sono diventati gli eroi di ogni giorno. Senza di loro la nostra vita non sarebbe stata la stessa: la matita, il Post-it, il metro, il ciuccio per il bebè, l’ombrello, il preservativo, la graffetta, il fiammifero. Oggi sembra impossibile non poterli adoperare in ogni momento. Sono tutti semplici, semplicissimi. Li diamo per scontati ma sono capolavori di design. E, per celebrarli, il Museo delle Scienze di Londra ha organizzato la mostra Hidden Heroes (sino al 5 giugno 2012). Cosa hanno in comune questi trentasei “eroi nascosti”? Sono efficaci, indistruttibili, longevi, economici. Di più, spiegano gli organizzatori: «Il loro segreto è che sono tutti a prova di idiota e, una volta che li vedi, sai come usarli».
Ma se sono elementari da usare, non è stato altrettanto intuitivo inventarli. Anzi. Spesso, dietro di loro, ci sono ingegneri, scienziati, studiosi. Qualche volta anche il caso. Più spesso tentativi ripetuti all’infinito per arrivare alla perfezione finale.  Pochi sanno che prima di arrivare al disegno dell’attaccapanni, tra il 1900 e il 1906, sono stati emessi 190 brevetti. Mentre per ideare il primo “stop” destinato al fissaggio, nel 1919, fu necessaria la competenza di John Joseph Rawlings, un ingegnere londinese chiamato a ideare impianti elettrici presso il British Museum. E ancora un ingegnere svedese, e un sarto americano, sono gli artefici della prima chiusura lampo. Il primo la ideò come “fermo separabile”, nel 1917, e il secondo la applicò alle tasche dei marinai americani: in un solo anno ne furono vendute 24mila.
C’è un errore, o meglio un insieme di casualità, dietro la nascita del Post-it. Prima di lanciare sul mercato i foglietti gialli un ricercatore della 3M, Spencer Silver, aveva ideato una colla adesiva non abbastanza forte. Una decina di anni dopo un collega dello stesso Silver, Arthur Fry, stanco di segnalibri scivolosi tra il suo libro di preghiere, recuperò quella colla di pessima qualità e la spalmò su dei quadratini di carta colorata. Era arrivato il primo Post-it.
La piccola setta religiosa degli Shaker, alla ricerca di un qualcosa di semplice e non vezzoso per fissare gli abiti, ideò nel ‘700 la prima molletta. Era in legno e non aveva ancora la molla che fu aggiunta, in un secondo momento, da un costruttore di strumenti musicali per soddisfare le richieste della moglie. Si conta una sola donna tra i geni nascosti celebrati a Londra. È la casalinga tedesca Melitta Bentz che, nel 1908, ideò il primo filtro da caffè usando della carta assorbente perforata. Ha un’origine lontanissima la prima matita, realizzata dai pastori che usavano la grafite per marchiare il bestiame e, dopo aver visto che il segno poteva essere cancellato con della mollica di pane, cominciarono ad usarla sulla carta. C’è addirittura Napoleone dietro la nascita del metro: esasperato dalla mancanza di organizzazione nelle misure, aveva istituito una commissione apposita che disegnò il primo sistema metrico.
Ma non è tutto. Nella selezione, che è stata realizzata in collaborazione con il Vitra Design Museum in Germania, trovano spazio le pantofole di gomma infradito, il cerotto, la penna bic, i tappi per le orecchie, il fiammifero, il rossetto. Tutti oggetti molto lontani dalle moderne tecnologie. Ma che, proprio per la loro semplicità, sono destinati a durare molto di più di quelli apparentemente più sofisticati. «Quando l’iPhone sarà un dinosauro», concludono gli organizzatori, «l’elastico sarà ancora utile. La fine dell’iPhone, infatti, è segnata dal fatto che non è abbastanza semplice per durare».

Vita da galline

POSTATO dal prof d’italiano:

Se non sei interessato alle condizioni di vita delle galline, non leggere questo articolo, apparso su la Repubblica il 7 novembre 2011.



2012, galline libere: meno uova, più buone
Di Jenner Meletti
MELDOLA (Forlì) – La direttiva 74 del Consiglio europeo, approvata non ieri l'altro ma nel luglio 1999 «per la protezione e il benessere delle galline ovaiole», è precisa: dal primo gennaio 2012 tutte le ovaiole d' Europa - 49 milioni solo in Italia - debbono essere tolte dalle gabbie. Ma la liberazione deve attendere. Quel giorno - sognato anche nel film "Chicken Run", galline in fuga - non verrà così presto: quasi 12 anni non sono bastati ai padroni dei pennuti per aprire i piccoli recinti dove le galline possono solo mangiare, bere e fare uova, senza nemmeno la possibilità di aprire le ali e darsi una scrollatina. In Italia solo il 44,1% degli impianti è già in regola. E così le galline continuano a entrare in gabbia a 4 o 5 mesi e ne escono dopo 13 o 14, ma solo per andare al macello. Trecento uova all'anno, contro le 130 di quando erano libere nei pollai di una volta. Non tutti i Paesi sono però in ritardo. Germania, Austria, Slovenia e quasi tutta l'Inghilterra hanno già aperto le loro gabbie e chiedono che per i ritardatari italiani, francesi, spagnoli e polacchi non ci sia alcuna proroga. Le galline "libere" costano il 20% in più, i produttori vecchio stampo farebbero concorrenza sleale. E così si sta scatenando la guerra delle uova. Gian Luca Bagnara, assessore alle politiche agroalimentari della Provincia di Forlì - una capitale, per le galline italiane - cerca di difendere gli industriali dell' uovo, «ma solo quelli che hanno almeno avviato la trasformazione degli impianti». «Lo Stato italiano - dice - ha recepito la Direttiva del 1999 solo nel 2003 e l'ha trasformata in legge nel 2004. Ma nel due anni successivi c'è stata la crisi dell'influenza aviaria, che ha fatto crollare i prezzi. Poi nel 2008 è arrivata la crisi finanziaria e le banche non hanno più dato credito. Gli industriali italiani stanno discutendo un piano con il ministero dell'Agricoltura: si impegnano ad applicare la Direttiva entro 3 anni, ma debbono dimostrare di avere già iniziato i lavori per il benessere delle ovaiole. Chi non ha fatto e non fa nulla, deve chiudere. Speriamo che la proposta sia accolta». Benessere, per queste galline, a dire il vero non significa libertà di razzolare nei prati. Nella gran parte dei casi - conferma Anna Maldini, presidente di Assoavi - si tratta di mettere gabbie "arricchite" al posto di quelle tradizionali. Là le galline hanno a disposizione non 550 centimetri quadrati (meno di un foglio A4, per dare l'idea) ma 750 centimetri, e in più un nido di plastica, una lettiera, un trespolo, un gratta unghie. «Per mettere queste nuove gabbie - dice Anna Maldini - dobbiamo però allargare o alzare i capannoni, e i Comuni non sempre danno i permessi. Altrimenti dobbiamo togliere galline dalle gabbie tradizionali: tre galline invece di cinque, e questo significa fallimento. L'altra soluzione, scelta dalla minoranza degli allevatori, è quella delle voliere. Le galline possono uscire dalla rete, ma restano comunque chiuse nel capannone». Gli allevatori inglesi hanno ristrutturato tutto e non sono falliti. E adesso chiedono che gli altri Paesi rispettino le regole. «L'Inghilterra - dice Gian Luca Bagnara - ha chiesto che le uova di allevamenti irregolari vengano tolte dal mercato del fresco e che possano essere consegnate solo all'industria di trasformazione, a metà prezzo. La Germania ha chiesto che a queste uova venga tagliato il codice di commercializzazione, in modo che non possano essere vendute all'estero. Se raggiungono l'obiettivo, noi siamo fuori mercato». Per cambiare gli allevamenti occorrono 20-25 euro per gallina. Per 100mila galline - l'allevamento medio italiano - servono 2,5 milioni. Ma c'è una scappatoia, tutta italiana. L'articolo7 del decreto legislativo 267 del 2003 prevede, per chi non adegua gli impianti e continua a produrre, una multa di soli 1.500 euro, per azienda, quale sia il numero dei capi. «I produttori stessi hanno chiesto l'inasprimento delle pena. Fra un investimento di 2,5 milioni e una multa di 1.500 euro, cosa sceglieranno i furbetti dell'allevamento?». In Italia si consumano 12 miliardi di uova all'anno, 220 a testa. Luca Monaldi, della Fr. Monaldi spa di Petritoli (2 milioni e 200.000 ovaiole solo in Italia) è stato fra i primi ad avviare l'allevamento a terra e non solo in gabbia "arricchita". «Proponiamo ai contadini che hanno capannoni vuoti di trasformarli in ricovero per le galline che potranno poi correre libere all'aperto. Entro il prossimo anno il 50% delle nostre galline vivrà così. Ma gli investimenti sono altissimi e la richiesta di Inghilterra e Germania di non concedere nessuna proroga rischia davvero di portarci al disastro». Ma non bastano decreti o proroghe, per uscire dalla crisi. «Bisogna rivalutare l'uovo. Fa bene alla salute, due uova sono un pasto vero. Non si possono comprare, all'ingrosso, con pochi centesimi». Fino a metà degli anni '60 un uovo costava come un caffè, come un giornale. Ora con 1-1,10 euro si comprano - all'ingrosso - 16 uova. Solo pagando di più si può dare una mano al sogno delle Galline in fuga. Almeno dalle gabbie.



sabato 19 novembre 2011

il Paese a Valdobiadene

POSTATO da Buss e squadra

Cari compagni di classe vi voglio annunciare che domani mattina non si dorme fino a tardi perchè dovete venire a tifare  a Valdobiadene perchè l'ultima partita l'abbiamo persa!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!   : - (
Quindi vi aspetto, oppure perderemo

giovedì 17 novembre 2011

Un nuovo governo per l'Italia - Un gioco per i ragazzi

POSTATO dal prof d’italiano:

Lo so che la politica non interessa quasi per niente ai ragazzi di 12-13 anni; però, poiché la politica è importante e influisce moltissimo sulle nostre vite, ho deciso di pubblicare questo post. Si tratta soltanto di un giochino che mi è stato ispirato dalla prima pagina odierna de la Repubblica, il quotidiano che io leggo (ho verificato in Internet se gli altri quotidiani avevano un titolo uguale, ma non è così).
Allora, guardate la prima pagina di oggi de la Repubblica:


Fa (a me professore) una certa impressione leggere che il nuovo governo è costituito da 18 professori! Vuoi vedere che non siamo così inutili e sottovalutati come sembra?

Il giochino che mi è venuto in mente è questo e consta di 2 possibilità:
1- Chi mettereste, scegliendoli tra i professori che conoscete, a capo dei vari ministeri?
2- E chi mettereste a capo dei vari ministeri, scegliendo qualcuno tra voi stessi?

Naturalmente, per partecipare a questo giochino (scemo) bisogna sapere un po’ di che cosa si occupano i vari ministeri. Così ho deciso di approfittare della cosa, per farvi una semplice lezione di politica (o di educazione civica, come si diceva una volta). Leggete quanto segue e poi giocate (ne parliamo in classe; sul blog – se volete – metteremo i risultati di queste finte “consultazioni”).

IL PRIMO MINISTRO:
È chiamato anche Presidente del Consiglio, o Capo del Governo, o premier, ed è colui che comanda su tutto l’insieme dei ministri (o Esecutivo). È un po’, in ambito scolastico, come il Coordinatore di classe.

IL MINISTRO DELL’ECONOMIA:
Si occupa dei soldi dello Stato, cioè di come raccoglierli e di come distribuirli tra i vari ministri con portafoglio, ossia quei ministri che per svolgere la loro funzione hanno bisogno di destinare dei soldi a qualche attività. In ambito scolastico è come se ci fosse un insegnante che ha il compito di trovare fondi per finanziare le gite, i laboratori, l’acquisto di materiale didattico e così via.

IL MINISTRO DEGLI ESTERI:
Si occupa delle relazioni tra l’Italia e gli altri Stati del mondo. Potrebbe corrispondere a un docente che cura le relazioni tra la sua classe e le altri classi della Scuola.

IL MINISTRO DELL’INTERNO:
Il suo compito è quello di fare in modo che all’interno dell’Italia tutto si svolga pacificamente, senza disordini e contrasti tra i vari cittadini, infatti da lui dipendono le cosiddette forze dell’ordine (polizia, carabinieri ecc.). A scuola potrebbe essere un insegnante che controlla, affinché non ci siano episodi di bullismo, di danno agli arredi scolastici e simili.

IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA:
Si occupa di far funzionare il potere giudiziario, cioè tutto l’insieme delle persone e dei mezzi che applicano le leggi, condannando o assolvendo chi è accusato di aver commesso un reato. A scuola è il compito che spetta di solito al Preside, il quale decide chi sospendere da scuola perché ha commesso qualche marachella, oppure chi punire in qualche forma se ha combinato qualcosa di inaccettabile.

IL MINISTRO DELLA DIFESA:
È quel ministro che guida le forze armate (cioè l’esercito italiano), organizzando la difesa o l’attacco in caso di guerra, oppure le cose da fare e i mezzi da impiegare nelle cosiddette operazioni di pace, di cui si parla spesso negli ultimi anni. Potrebbe corrispondere a un insegnante che organizza dei gruppi di ragazzi, con lo scopo di vigilare sulla correttezza dei rapporti con le istituzioni del territorio, quali il Comune, le Scuole Elementari, l’ASL e così via.

IL MINISTRO DELLO SVILUPPO E DELLE INFRASTRUTTURE:
Si occupa di incentivare lo sviluppo economico del Paese, attraverso le infrastrutture, ossia quelle opere controllate dallo Stato, che servono alla vita di tutti i cittadini (strade, ponti, ferrovie, aeroporti ecc.). A scuola potrebbe essere un professore che si occupa del funzionamento e del miglioramento della mensa, della biblioteca, delle aule speciali e di tutto ciò che viene usato collettivamente.

IL MINISTRO DEL WELFARE:
L’ambito di sua competenza è quello di ciò che ha a che fare con le esigenze dei cittadini in difficoltà o che comunque si trovano in una posizione particolare, per esempio i disoccupati, i giovani che non trovano lavoro, le donne che vengono discriminate, i poveri che non hanno di che vivere e così via. A scuola potrebbe essere un docente che si occupa degli alunni stranieri, dei ragazzi che non hanno i mezzi per acquistare i libri o per partecipare a una gita e così via.

IL MINISTRO DELLA SALUTE:
Si occupa di far funzionare gli ospedali e tutti i servizi legati alla salute fisica e mentale dei cittadini. Un po’ come da noi la psicologa di “Spazio Ascolto” o il collaboratore scolastico, che ti misura la febbre quando stai male.

IL MINISTRO DELL’AGRICOLTURA:
Questo si capisce senza tante spiegazioni, vero? Da noi potrebbe essere qualcuno incaricato di curare l’attività “Orto in condotta” o qualunque esperienza legata alla produttività agricola, magari nel cortile della scuola.

IL MINISTRO DELL’AMBIENTE:
Si occupa di proteggere l’ambiente in cui viviamo, urbano o rurale, dalle tante schifezze che purtroppo la vita dei nostri giorni conosce: inquinamenti, immondizia, gas nocivi, eccetera. A scuola potrebbe essere un docente che controlla che non si gettino rifiuti nei posti sbagliati, che non ci siano aule intossicate da emissioni nocive, che siano sempre praticabili le vie di fuga in caso di allarme e così via.

IL MINISTRO DEI BENI CULTURALI:
Ha il compito di proteggere e valorizzare i tanti beni artistici di cui l’Italia è ricca: dai siti archeologici ai musei, dai teatri all’industria del cinema, dal patrimonio artistico a tutte le manifestazioni culturali di cui possiamo godere. A scuola “beni culturali” sono la biblioteca, la cineteca, i libri di tutti i tipi con cui lavoriamo, i computer con cui scriviamo il giornalino, le lavagne lim che ci permettono nuovi modi di insegnamento, eccetera.

IL MINISTRO DELL’ISTRUZIONE:
Si occupa (ma lo sapete bene, perché è quello che vi riguarda più da vicino) di come organizzare e far funzionare al meglio i vari ordini di scuola esistenti. Un prof che si occupasse a scuola di questa materia, deciderebbe i programmi di studio, l’organizzazione dell’orario scolastico, le quantità e qualità delle verifiche e delle interrogazioni, il sistema delle valutazioni (le pagelle) e via dicendo.

IL MINISTRO DEI RAPPORTI CON IL PARLAMENTO:
Si occupa di organizzare le informazioni e le relazioni tra Governo e il Parlamento: per esempio presenta alle 2 Camere del Parlamento i disegni di legge decisi dal Governo. A scuola potrebbe essere un insegnante che cura i rapporti tra docenti e genitori, tra presidenza e insegnanti, tra alunni e segreteria.

MINISTRO PER GLI AFFARI EUROPEI:
Si occupa di attuare le norme che vengono decise dall’Unione Europea e alle quali dobbiamo sottostare, in quanto membri dell’Unione Europea. È un po’ difficile trovare un incarico analogo a scuola: mi viene in mente solo un prof che si occupi dei progetti Comenius o di altre iniziative, tipo quella denominata “Face to Faith”, a cui la nostra Scuola sta partecipando.

MINISTRO DEL TURISMO E DELLO SPORT:
Si capisce facilmente di che cosa si occupa: anche di che cosa potrebbe occuparsi a scuola.

MINISTRO PER LA COESIONE TERRITORIALE:
È un nuovo dicastero (o ministero) “inventato” dal nuovo presidente del Consiglio con il compito di regolare i rapporti tra Nord e Sud Italia, che come sapete non sono ottimi. A scuola, potrebbe servire per non creare differenze e contrasti tra alunni e insegnanti di origine veneta e di origine meridionale, per esempio, ma francamente non ne vedo l’utilità (o sì?).

MINISTRO PER LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE:
Anche questo dicastero è nuovo e non so esattamente di che cosa si occuperà: immagino a regolare i rapporti internazionali per ciò che riguarda le attività che richiedono collaborazione tra gli Stati (il problema dell’emigrazione? Le possibilità di lavoro? Il controllo dei reati internazionali? Non lo so, staremo a vedere). Non so neppure a scuola a cosa potrebbe servire.


mercoledì 16 novembre 2011

Gli emo di zelig

Guardate se vi ricordano qualcuno Niccolò f.

l'uomo sulla luna

POSTATO da Letizia:

Apollo 11 è stato lanciato con successo da un razzo Saturn V partito dal Kennedy Space Center il 16 luglio 1969.
Il primo uomo a toccare il suolo lunare con il proprio piede è stato Neil Armstrong nelle prime ore del 21 luglio 1969.


martedì 15 novembre 2011

Lezione sui pronomi relativi

POSTATO dal prof d'italiano:

In classe abbiamo visto che il PRONOME RELATIVO serve per unire 2 frasi. Poiché l’unione non è facilissima, e però è anche molto importante per scrivere delle frasi che siano fatte bene, posto qui alcuni esempi che vi possono essere utili.

Quando il pronome usato è CHE, oppure IL QUALE, LA QUALE ecc., nella funzione di soggetto o di complemento oggetto, l’unione non è molto difficile:
ESEMPIO 1:
Ho incontrato Mario – Mario mi ha raccontato un fatto clamoroso:
Ho incontrato Mario, che mi ha raccontato un fatto clamoroso
oppure
Ho incontrato Mario, il quale mi ha raccontato un fatto clamoroso

ESEMPIO 2:
Mario ha svolto una verifica – La verifica non aveva neanche un errore:
Mario ha svolto una verifica, che non aveva neanche un errore
oppure
Mario ha svolto una verifica, la quale non aveva neanche un errore

Le cose sono un po’ più difficili, quando il pronome è CUI, oppure IL QUALE ecc. preceduto da preposizione, cioè in funzione di complementi diversi dal complemento oggetto. In questi casi, infatti, l’unione avviene spesso incastrando la seconda frase all’interno della prima. Per fare l’unione, bisogna stare attenti a qual è la preposizione che precede il nome che non si deve ripetere.
ESEMPIO 1:
Il divano è in pelle leopardata – Mario è seduto sul divano
Il divano, su cui Mario è seduto, è in pelle leopardata

ESEMPIO 2:
I ragazzi sono miei amici – Ho appreso la terribile notizie dai ragazzi
I ragazzi, da cui ho appreso la terribile notizia, sono miei amici

È vero che posso anche dire:
Mario è seduto su un divano, che è in pelle leopardata
oppure
Ho appreso la terribile notizia da ragazzi che sono miei amici
però la versione con le 2 frasi incastrate è molto più bella e “da adulti”.

Perciò fai un po’ di esercizio con le frasi seguenti e cerca di scrivere “da adulto”: la forma, per esempio in un tema, diventerà migliore e il voto sarà più alto.

1- Il tema è andato bene – Ho parlato dei miei genitori nel tema
2- Osvaldo è il figlio del mio vicino di casa – Io gioco spesso con Osvaldo
3- Il blog si chiama asecondadcometirailvento – Tutti parlano del blog
4- La gallina era molto vecchia – La mamma ha tirato il collo alla gallina
5- L’opera è la Divina Commedia – Dante è famoso per un’opera
6- L’elemento principale sono i sassoni – Vi consiglio di fare il minestrone con i sassoni
7- La ricerca è stata premiata – Mi sono occupato della ricerca
8- Il giornale era la Tribuna di Treviso – Ho letto la notizia nel giornale
9- I vulcani sono montagne infide – Io ho paura dei vulcani
10- La zona è quella dei tropici – Gli alisei provengono dai tropici
11- Carlo va molto bene a scuola – Spesso faccio i compiti con Carlo
12- Il cantante è Al Bano – Non spenderei un soldo per Al Bano
13- La lettera a Babbo Natale non è arrivata a destinazione – Ho chiesto la play station nella lettera a Babbo Natale
14- Lo Stato tropicale è la Bolivia – Le banane di questo supermercato arrivano da uno stato tropicale
15- La città di Coventry venne distrutta nel 1940 – John proviene dalla città di Coventry
16- Il monastero dell’Escorial fu fatto costruire da Filippo II – La prof di spagnolo ci ha parlato del monastero dell’Escorial
17- La ragazza si chiamava Barbarina – Ho fatto delle pazzie per Barbarina
18- I preti della chiesa di San Nicola saranno molto contenti – Lascerò i miei beni in eredità ai preti della chiesa di San Nicola
19- Ulisse costruì la zattera nell’isola di Calipso – Ulisse arrivò all’isola dei Feaci su una zattera
20- Le regole devono essere condivise – Bisogna credere nelle regole

Laboratorio affettivo-sessuale: lezione 3

POSTATO dal prof d'italiano:

ELVIS PRESLEY: BLUE SUEDE SHOES (1956)

Well, it’s one for the money,
two for the show,
three to get ready,
now go, cat, go! But don’t you
step on my blue suede shoes.
You can do anything,
but lay off of my
blue suede shoes.

You can knock me down,
step in my face,
slender my name all over the place.
Do anything that you wanna do,
but uh uh honey, lay off of my shoes.
Don’t you step on my
blue suede shoes.
You can do anything,
but lay off of my
blue suede shoes.

You can burn my house,
steal my car,
drink my liquor from my old fruit jar.
Do anything that you wanna do,
but uh uh honey, lay off of my shoes.
Don’t you step on my
blue suede shoes.
You can do anything,
but lay off of my
blue suede shoes.
Bene, primo i soldi,
secondo lo show,
terzo stare pronti,
ed ora vai, ragazza, vai! Ma non
pestare le mie scarpe blu scamosciate.
Puoi fare ciò che vuoi,
ma tieniti alla larga dalle mie
scarpe blu scamosciate.

Puoi sbattermi giù,
mettermi i piedi in faccia,
parlar male di me in ogni posto.
Fa’ tutto ciò che ti va di fare,
però uh uh carina, stai alla larga dalle mie scarpe.
Non pestare le mie
scarpe blu scamosciate.
Puoi fare ciò che vuoi,
ma tieniti alla larga dalle mie
scarpe blu scamosciate.

Puoi bruciare la mia casa,
rubarmi la macchina,
scolarti la mia fiasca di liquore.
Fa’ tutto ciò che ti va di fare,
però uh uh carina, stai alla larga dalle mie scarpe.
Non pestare le mie
scarpe blu scamosciate.
Puoi fare ciò che vuoi,
ma tieniti alla larga dalle mie
scarpe blu scamosciate.

 
Il rock and roll non nasce con Elvis Presley, visto che già negli anni 40 ci sono artisti che, pur rimanendo ancora all’interno del rhythm’n’blues o del country boogie, presentano, senza saperlo, elementi che saranno tipici del r’n’r. La data di nascita del r’n’r è considerata il 1954, quando Bill Haley incide “Rock around the clock”, che nel 1955 divenne il primo vero successo di questo genere musicale. Però Bill Haley all’epoca è già sui trent’anni, tende alla calvizie e a una certa pinguedine e non è proprio la figura innovatrice nella quale i teenager possano riconoscersi. Sarà con Elvis Presley che avverrà l’identificazione; sarà con lui che il r’n’r diventerà la musica dei giovani. Infatti, anche se le sue prime canzoni non hanno niente di straordinario, è il modo in cui Elvis le canta che scatena le energie represse: i movimenti del corpo e delle gambe, quando è in scena (movimenti che gli valsero l’appellativo di “Elvis the Pelvis” = Elvis il bacino), gli attirano il violento biasimo dei cosiddetti benpensanti e l’accusa più frequente che gli viene mossa è quella di “oscenità”. Genitori preoccupati, sacerdoti, psicanalisti e uomini politici si chiedono da dove nascano le ragioni dell’enorme successo di questo “volgare” giovanotto del Sud (nato l’8 gennaio 1935 a East Tupelo, Mississippi); loro non trovano risposte, ma intanto il sasso è stato lanciato e la più grande rivoluzione musicale del secondo dopoguerra ha iniziato il suo cammino.

DOMANDA:
D’accordo, le ragazze sono importanti, ma ci sono cose che neanche a loro è permesso toccare: è così?

RIFLESSIONI:
Per vedere la clip della canzone, clicca qui sotto:


Laboratorio affettivo-sessuale: lezione 2

POSTATO dal prof d'italiano:

LITTLE RICHARD: TUTTI FRUTTI (1955)

A-wop-bop-a-loo-bop
a-lop-bam-boom!
Tutti Frutti au rutti
Tutti Frutti au rutti
Tutti Frutti au rutti
Tutti Frutti au rutti
Tutti Frutti au rutti
A-wop-bop-a-loo-bop
a-lop-bam-boom!

I got a gal,
named Sue,
she knows just what to do.
I got a gal,
named Sue,
she knows just what to do.
I’ve been to the east,
I’ve been to the west,
but she’s the gal I love the best.

Tutti Frutti, etc.

I got a gal,
named Daisy,
she almost drives me crazy.
I got a gal,
named Daisy,
she almost drives me crazy.
She’s a real gone cookie, yes siree,
but pretty little Suzy’s the gal for me.

Tutti Frutti, etc.
A-wop-bop-a-loo-bop
a-lop-bam-boom!
Tutti Frutti au rutti
Tutti Frutti au rutti
Tutti Frutti au rutti
Tutti Frutti au rutti
Tutti Frutti au rutti
A-wop-bop-a-loo-bop
a-lop-bam-boom!

Io ho una ragazza,
che si chiama Sue,
lei sa come tenermi su.
Io ho una ragazza,
che si chiama Sue,
lei sa come tenermi su.
Sono stato all’est,
sono stato all’ovest,
ma è lei la ragazza che amo di più.

Tutti Frutti, ecc.

Io ho una ragazza,
che si chiama Daisy,
lei mi fa impazzire.
Io ho una ragazza,
che si chiama Daisy,
lei mi fa impazzire.
E’ un vero bocconcino, altro che,
ma è la piccola Suzy la ragazza per me.

Tutti Frutti, ecc.

 
Richard Wayne Penniman nasce a Macon, Georgia, il 5 dicembre 1932, terzo di una famiglia di 12 fratelli e sorelle. Fin da piccolo inizia a cantare musica gospel con i fratelli, sia in chiesa sia per le strade di Macon e fin dalle scuole primarie comincia a manifestare tendenze effeminate che preludono alla sua dichiarata omosessualità. A 14 anni lascia la famiglia e comincia a esibirsi in diversi medicine show, spettacoli viaggianti il cui scopo è di propagandare e vendere “miracolose” pozioni medicinali; poi si unisce ad un’orchestra, nella quale, per la sua precocità artistica, si guadagna l’appellativo di “Little”, un soprannome che non lo abbandonerà più. Nel 1951 incide il primo singolo, ma è soltanto con “Tutti Frutti” quattro anni più tardi che diventa famoso. Il successo di Little Richard è enorme per un paio d’anni, finché nel 1957 il cantante abbandona tutto e si ritira in seminario per studiare teologia e diventare predicatore. Negli anni successivi alterna ritorni sulla scena (con nuovi dischi di successo) a periodi in cui si dedica alla predicazione.

DOMANDA:
Si può amare una ragazza e, nel frattempo, spassarsela con un’altra?

RIFLESSIONI:
Se vuoi vedere una clip della canzone, clicca qui sotto:
http://youtu.be/X7pjP_XkK4U

POSTATO da Bea e Ale:
Guardatevi anche questa clip più recente:
http://youtu.be/gVWm9PQeYtE