giovedì 25 aprile 2013

Che cosa farò da grande?

POSTATO dal prof d’italiano:

A proposito dell’ultimo tema e di ciò che avete (alcuni soltanto) scritto su quel che vorreste fare da grandi, leggete questo articolo, pubblicato da la Repubblica il 24 aprile 2013. Leggetelo, anche se è un po’ una stupidata ed è pure scritto maluccio; mi sa che Corrado Zunino a scuola non andava tanto bene!

“Da grande farò il pilota o lo scienziato”
ma solo uno su dieci realizza i suoi sogni
di Corrado Zunino


Francesco Totti da bambino sognava di fare il benzinaio. Dall’auto del padre ferma al distributore vedeva quei portafogli gonfi di biglietti da diecimila lire e immaginava di guadagnare così, così tanto, da grande. Da adulto Totti guadagna 8,6 milioni l’anno (lordi), ma non ha fatto il mestiere sognato da bimbo: è un calciatore. “I lavori da sogno” li ha scandagliati LinkedIn, il più grande network professionale del mondo (200 milioni di membri, quattro milioni in Italia), contattando novemila professionisti in venti nazioni (tra cui l’Italia). LinkedIn ha scoperto che una persona su dieci (il 10,5%) nel nostro paese ha fatto suo il lavoro che sognava da piccolo. Non sono pochi, viste le difficoltà della vita e le difficoltà del lavoro italiano. Il 55.7% degli intervistati, invece, ha cambiato percorso, il resto ha trovato una mediazione tra sogno e realtà. A sentire i professionisti di LinkedIn, la mediazione è stata comunque al rialzo: a sette su dieci piace la professione che esercita.
Gli italiani da bambini volevano fare l’ingegnere. I maschi, soprattutto. E poi lo scienziato, il medico, l’insegnante. Il pilota d’aereo (e di elicottero), il calciatore, l’olimpionico. Le fanciulle, molte, volevano fare le scrittrici, le giornaliste e le romanziere. Eccone una: «Volevo diventare insegnante di asilo, cantante, arredatrice di interni, proprietaria di un negozio di cartoleria e articoli da regalo. Avevo una scelta ampia, sono impiegata da un commercialista e va beh». La mediazione, si diceva: «Io sognavo di fare la veterinaria, ora sono un’infermiera, un lavoro bellissimo che mi regala ogni giorno un bagaglio culturale ed emozionale davvero ampi». Il sei per cento delle bimbe voleva essere una stilista. «Alle elementari ho capito che con le mie mani non sarei andata avanti, però mi sarebbe piaciuto tanto. Sono un’impiegata, forse andrò con un’amica a vestire le modelle nel backstage delle sfilate». Da piccola «sognavo di ballare e ancora oggi mi piace, diventerò un magistrato o un avvocato». No, «non faccio il lavoro dei miei sogni, ma mi piacerebbe diventare maestra di una scuola d’infanzia», ancora. C’è chi voleva fare il vigile del fuoco e oggi si occupa di progettazione antincendio: «Sono finalmente felice, anche se prima guadagnavo di più». E chi, sempre donna, ora casalinga, dice: «A me piaceva, piace e piacerà sempre indossare una divisa, non ci sono riuscita, o meglio non ci ho provato, per non dispiacere prima a mia madre e adesso al mio quasi marito».
Gli uomini da bambini sono più scientifici, le donne già pensano in modo creativo. L’aspirante creatrice di cartoni giapponesi ricorda: «Disegnavo da mattino a sera come una pazza, ci speravo veramente e ci credevo. È stato orribile quando mi hanno fatto capire che era meglio puntare ad altro, che non ci sarei mai arrivata. Ero solo una bambina e già vedevo i miei sogni andare in frantumi». C’è chi voleva fare il becchino, per prendersi cura «di tutte le persone a me care e dargli una degna sepoltura». Chi l’idraulico, «dopo aver visto il film di Supermario perché mi sembrava molto fico». Chi il ladro brigante che vive nei boschi. Chi a nove anni sognava da calciatore e a quindici, poi, voleva diventare grecista. C’è chi gli si è spento l’estro per la pittura alle scuole medie.
Gli executive di LinkedIn, le cui azioni oggi valgono alla Borsa di New York 185 dollari, sostengono: «Continuare a coltivare la stessa passione che avevamo da bambini è essenziale per il successo personale e professionale, in particolare in un periodo di incertezza economica».




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