POSTATO dal prof d’italiano:
Per la serie “quanto è strano questo mondo”, leggete questo articolo pubblicato su la Repubblica il 9 marzo 2012.
Il trasloco dell'arcipelago sommerso
di Enrico Franceschini
LONDRA È un classico incubo da fantascienza: essere costretti ad abbandonare in massa il proprio mondo, perché qualcosa minaccia di distruggerlo. Sta per diventare realtà per una delle nazioni più piccole della terra: Kiribati, ex colonia britannica, arcipelago indipendente dal 1979, una serie di trentadue atolli corallini nel mezzo dell'oceano Pacifico, si prepara a traslocare la sua intera popolazione da un'altra parte. Il cambiamento climatico ha già fatto alzare il livello dell'acqua al punto da sommergere parte delle isole. Ora il governo locale ha acquistato un vasto appezzamento di terreno sulle vicine (si fa per dire: mille chilometri di mare più in là) Fiji, dove un po' alla volta si dovranno trasferire tutti gli abitanti. Il primo caso di un paese obbligato ad andare a stare in un altro, come conseguenza dell'effetto serra.
«È una soluzione estrema, ma non abbiamo alternative - dice Anote Tong, presidente di Kiribati - le onde dell'oceano hanno raggiunto le nostre case e i nostri villaggi, sembra inevitabile che prima o poi tutto l'arcipelago finirà sott'acqua».E non c'è bisogno che l'oceano se lo mangi proprio tutto: nessuno degli atolli è a più di qualche metro sul livello del mare, il Pacifico ha già parzialmente rovinato le riserve di acqua potabile delle isole, l'acqua salata erode la fragile costa. Un disastro annunciato da tempo, tanto che le autorità avevano pensato anche ad altre opzioni: l'anno scorso era circolata la proposta di costruire una serie di grandi piattaforme elevate, in pratica delle isole artificiali, che sarebbero potute diventare una specie di Kiribati II, quando la prima fosse stata sommersa. Ma l'idea è apparsa complicata e poco entusiasmante: chi vorrebbe passare il resto della propria vita, e augurare la stessa vita alle generazioni successive, su una nazione fatta di piattaforme come quelle delle compagnie petrolifere? Così è maturata l'idea, più semplice ma anche più radicale, di andare semplicemente a vivere in un'altra terra: un esodo generale, alle isole Fiji, vicine di casa in un certo senso, visto che appartengono anch'esse all'Oceania, simili come cultura e natura, ma più grandi e più al sicuro dall'innalzamento delle acque. La terra è stata già acquistata, su Vanua Levu, seconda maggiore isola delle Fiji. Il piano è di mandare avanti alcune centinaia di kiribatani, per cominciare a costruire da zero le loro nuove abitazioni e la loro nuova nazione. Gradualmente, li seguiranno tutti i 113mila abitanti delle Kiribati. «Vogliamo integrarci progressivamente con la popolazione figiana (860mila persone, ndr ), non possiamo emigrare in centomila tutti in una volta, non andiamo a chiedere rifugio, ognuno di noi dovrà cercarsi un lavoro, dare il proprio contributo», afferma il presidente Tong.
Ma Kiribati chiede comunque l'aiuto della comunità internazionale: è una piccola anzi piccolissima nazione, non può traslocare da sola da un paese all'altro. Del resto è un'impresa che nessuno ha mai tentato in questo modo prima d'ora. A parte i costi, comporta shock e paure: i 113mila abitanti dell'arcipelago sommerso riusciranno a mantenere un'identità, una lingua, a restare un popolo, nella terra che si sono comprati alle Fiji? L'esperimento andrebbe non solo assistito, ma pure studiato: prima o poi potrebbe toccare anche a noi, e non in un romanzo di fantascienza.
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