martedì 1 novembre 2011

Fabri Fibra

POSTATO dal prof d’italiano

Anche se pieno di parolacce, posto pure questo articolo (la Repubblica, 31 ottobre 2011), perché so che questo rapper piace a molti ragazzi. A me no, ma questa non interessa a nessuno.

Fabri Fibra Il manifesto del rapper-guru
Ragazzi, spegnete la tv e andatevene dall' Italia
Di Dario Cresto-Dina


 

Rassegnata commiserazione, così mi osserva il liceale sedicenne scelto come guida. È l' aria con la quale i ragazzi sono abituati a considerare i vecchi, cioè tutti quelli che hanno più di trent'anni: «Metti Fibra, Marracash, Club Dogo, Fedez, Gué Pecueno, Entics, Dargen D'Amico e poi se vuoi Salmo che è diventato molto popolare negli ultimi mesi. Sono quelli che noi giovani preferiamo. Ti do dei consigli, altrimenti scrivi delle stronzate. Se vuoi sapere chi sono i miti dell'hip hop italiano guarda su Youtube il video Le leggende non muoiono mai di Don Joe&Shablo». Vado a vederlo. Hangar militare, soldati in slow motion, pale di elicottero, cemento, acciaio nero e acqua stagnante nel lungo silenzioso preambolo. Un po' Medal of Honor, un po' Blade Runner, un po' Guerre Stellari. Quando la musica comincia entra in scena Fabri Fibra. Come un piccolo padre. Il marchigiano a Milano, cinquanta tatuaggi, quasi un milione di "mi piace" su Facebook. Colui da cui tutto è cominciato. Le leggende non moriranno mai, però nel mondo 2.0 sfioriscono rapidamente. Fermarle sulla carta può essere utile. Così a trentacinque anni, prima di passare allo stato definitivo di rompicoglioni (ipse dixit*) anche tra i suoi giovanissimi e testosteronici fan il capitan cattivo della musica italiana che fa accapponare la pelle alle mamme borghesi, il rapper che ha calpestato le ceneri zuccherose di Jovanotti e che oggi si autocelebra sfacciatamente e provocatoriamente in questa maniera «mi spiace per voi ma sono una rockstar», ha scritto per Rizzoli Dietrologia, i soldi non finiscono mai. Un libro, così fan tutti. Un rap di quasi 350 pagine con una metrica ossessiva e spietata, dall'approdo che sarebbe apocalittico e qualunquista - per il nostro Paese - se non baluginasse nell'oscurità il fuoco tremolante di una speranza che a noi contemporanei appare purtroppo lontana. Ma del lieto fine è alla fine che si deve parlare. Un mese fa su Rolling Stone, in una bella intervista realizzata da Paolo Madeddu, Fabrizio Tarducci ci ha vaticinato un 2012 infernale. Se il mondo sta cambiando, e stiamone certi che sta cambiando sul serio, conviene essere pessimisti dice Fabri Fibra, "perché il pessimismo ti fa fare la scelta giusta". La nostra fortuna può essere questa. Siamo messi peggio di tutti, e non soltanto per colpa di Tremonti. Dovremmo essere i campioni mondiali di pessimismo, quindi fare una volta tanto la scelta giusta non ci dovrebbe risultare difficile. A patto di uccidere come prima cosa la Grande Genitrice, anzi la nostra perfida matrigna. La televisione. In Italia "la tv è uscita dalla tv, i personaggi televisivi sono intorno a te e non sai più nemmeno tu se sei ancora tu o sei un prodotto della tv. Sembrano tutti cloni di qualcosa che si vede in televisione, guarda la gente in aeroporto, la fila davanti all'Alitalia, guarda come sono vestiti e senti come parlano. Sono pronti per un reality". Prima di vendere l'anima al diavolo Fibra ha fatto pure il lavapiatti, il mestiere lo ha aiutato a non pensare per ore e a sospettare che la cosa migliore da desiderare nella vita sia riuscire a fare bene il proprio lavoro. Ecco, forse è proprio questo il manifesto del libro, riassunto in un passaggio di memoria: «La tv oggi parla di tv, non parla più alla gente, i personaggi in tv parlano tra di loro da trasmissione a trasmissione, si deridono, si prendono in giro, si scopano tra di loro e poi si lasciano, poi lo raccontano, poi ricominciano. Quando ero piccolo in tv davano Happy Days: il protagonista era un tipo chiamato Fonzie, lavorava in una officina, si faceva un gran culo, era il tipo di ragazzo che piaceva alle ragazze. Oggi in tv trasmettono Uomini e Donne, un programma dove il protagonista sta seduto su un trono senza sapere fare un cazzo, vestito firmato e con più trucco in viso di una donna. Se un ragazzino di oggi viene in studio a registrare una canzone, si presenta tutto firmato e conciato come un tronista, quindi probabilmente senza sapere fare un cazzo, e appena mi vede domanda: ma tu come fai ad avere successo? Io rispondo: "Coglione, io guardavo Happy Days"». Se gli parli, Fabri Fibra ti restituisce l'immagine di un uomo che corre veloce, qualche volta inciampa allegramente mantenendo ben salde le sue incertezze e le spade con le quali taglia a fette tutto ciò che lo circonda, i nemici veri come quelli immaginari. Sta oltre la politica, oltre l'Onda, oltre gli Indignati, oltre i movimenti. Piuttosto di acconciarsi a una realtà virtuale si chiude in casa a scrivere, come lo chiama lui, «un libro neo-realista» contro Fabio Volo infoiato per la Marcegaglia, Vasco Rossi, Ligabue, gli ipocriti del web che hanno ucciso la lingua italiana, le ragazze che si vestono da donne senza esserlo. Contro l' Italia che non si inventa nulla di nuovo da mezzo secolo, un «paese fascista», una trappola per i topi dove la felicità è secondaria perché si preferisce «essere eccitati piuttosto che semplicemente felici». Contro la politica: «Quando penso alla politica italiana mi immagino una festa in maschera con trenino umano e stelle filanti. Ormai è troppo tardi, nessuno crede più a questi vecchi in giacca e cravatta. I giovani li ignorano completamente, non vanno nemmeno a votare». Contro Berlusconi, pur non facendone mai il nome: «Mi sono posto dei limiti. Berlusconi è finito, morto. Berlusconi è come il divorzio, dopo tre anni di separazione legale sei libero, ma poi devi aspettarne altri cinque». Dove sta la cultura nella controcultura di Fibra? Nella musica, dice lui. «Il rap è il mezzo più efficace per trasmettere un messaggio, è la forma d' arte compiuta con più ribellione, la musica più ribelle e diretta che sia mai stata creata. Ogni generazione si ribella in modo naturale a quella precedente. Devi dire "io non sono voi!" per diventare qualcuno». Agli adolescenti che la sera escono di casa gridando «spacco tutto», salvo chiamare mamma a mezzanotte per rassicurarsi e rassicurarla, intima di scappare per qualche tempo all'estero. Andare via dovrebbe essere una riforma costituzionale: «Quando tornerete certe cose che vi sembravano normali prima di partire non lo saranno più e voi vi sentirete degli alieni in mezzo a terrestri rincoglioniti». Lieto fine: «Sarà un quattordicenne di oggi a cambiare l'Italia. Nessuno riuscirà a salvarla prima». Se esisti davvero, cresci in fretta ragazzino. Navigare necesse est**, ammoniva Pompeo. Let me ride, rappava Dr. Dre, l' importante è viaggiare. Anche se lui, scrive Fibra, forse non intendeva proprio quello.

* ipse dixit = l’ha detto lui stesso, così lui stesso si è definito (latino)
** necesse est = è necessario (latino)


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